Anca e femore sono tra le ossa più colpite da fratture in seguito a cadute, soprattutto negli anziani, che provocano effetti spesso gravi a dir poco. Ecco quello che bisogna sapere, e qualche consiglio sui comportamenti da seguire e far seguire per scongiurare questi problemi.
Quasi il 20 per cento della popolazione mondiale ha più di 65 anni, secondo le ultime stime, e il dato sembra destinato ad aumentare nei prossimi anni, al punto che nel 2050 questa quota potrebbe raggiungere quasi il 50 per cento del totale. Per questo, è da anni che si sta tentando di sensibilizzare cittadini e governi sull’opportunità di maturare una diversa concezione del soggetto over 65, da ritenere una sorta di seconda “golden age” con un ruolo ancora attivo nella società, e non a casa il 2012 è stato dichiarato dalla Commissione Europea “anno dell’invecchiamento attivo”, per sollecitare la scoperta di modi per invecchiare bene.
Come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “invecchiare è un privilegio, una meta della società”, ma è allo stesso tempo “una sfida, che ha un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI secolo”. E uno dei problemi che, purtroppo quotidianamente, gli anziani continuano a incontrare riguarda la riduzione di mobilità e, in particolare, il dramma dell’osteoporosi, ovvero la riduzione delle proprietà strutturali e della qualità delle ossa che rischia di generare maggiori probabilità di fratture. In Italia questa patologia che riguarda circa 5 milioni di persone, di cui l’80% sono donne nella fase successiva alla menopausa, ma questo non significa che gli uomini ne siano immuni: tra la popolazione ultra 50enne, infatti, l’osteoporosi colpisce 1 donna su 3 e 1 uomo su 8, ed è destinata ad aumentare la propria incidenza entro i prossimi decenni.
Strettamente legato a questa patologia c’è il tema delle cadute, che generano le cosiddette “fratture da fragilità”, ovvero quei danni derivanti da un evento traumatico a bassa energia che non danneggerebbe un osso normale, ma che invece crea grandi problemi negli anziani affetti da osteoporosi. Parliamo di eventi quotidiani, come il cadere dalla posizione eretta, che provocano danni gravi che possono arrivare a costare, addirittura, la vita. Come spiega infatti la professoressa Daniela Mari, direttore dell’unità di Geriatria dell’IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, le fratture “sono un rischio per la vita degli anziani, perché innescano un meccanismo che favorisce le complicanze” e possono ridurre gli anni di sopravvivenza, soprattutto se colpiscono aree fondamentali come femore, anche e vertebre, producendo immobilità e spesso peggiorando uno status pluripatologico preesistente.
È infatti certificato che una quota più del 90 per cento dei pazienti che riporta una frattura dell’anca a 65 anni o più, e questa si rivela addirittura la seconda causa di morte negli Stati Uniti d’America dopo le malattie cardio-vascolari. Le fratture femorali, invece, sono all’incirca due milioni l’anno in tutto il mondo e, così come quelle per le anche, provocano quasi sempre uno stato di riduzione di mobilità da cui il malato rischia di non riprendersi più. Tra le cause individuate per l’aumento di questo problema, gli studi mettono in relazione fattori come l’ambiente, l’andatura instabile, la confusione, ma anche disturbi visivi o patologie specifiche della persona, oltre che elementi soggettivi come stati di solitudine ed esclusione sociale.
Fondamentale, soprattutto in questi casi, è il supporto che arriva dalla scienza medica e, in particolare, dalla tecnologia e dai prodotti ausiliari per i malati: come possibile visualizzare sulla pagina dedicata di Medisan Shop, portale specializzato nella rivendita di materiale sanitario professionale, esistono oggi numerosi modelli di deambulatori per anziani, che possono rappresentare
un valido sostegno nelle fasi della riabilitazione del paziente, consentendogli di riacquistare progressivamente la “confidenza” nei propri passi e nella fermezza dei propri arti. Un modo per far ritrovare all’anziano, inoltre, un minimo di autonomia, liberandolo dalla sensazione di essere solo un peso (anche in senso letterale) per la persona che lo assiste, e consentirgli di muoversi a poco a poco in giro per la propria abitazione.